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Antichi mulini di Fraveggio

di Caterina Zanin e Rosetta Margoni

 

La storia dei mulini di Fraveggio

Il paese di Fraveggio è attraversato ancora oggi da una roggia che precipita, in forma di cascata, nel terreno sottostante in direzione del Lago di Santa Massenza. L’importanza fondamentale di questo corso d’acqua si rintraccia sia nell’evocativo toponimo “Vicolo dei Molini” sia nei resti di due antichi opifici.

Le prime testimonianze, portate alla luce dagli studi del celeberrimo etnografo trentino Giuseppe Sěbesta, si datano al 1545 e ricordano “Un torchio “sotto la fontana” presso l’acquedotto del mulino dei Faes”. Un successivo documento ufficiale del 1553, conservato nell’archivio storico di Vezzano, attesta inoltre che “Giordano "Molesini" da Fraveggio costituisce a favore di Giovanni Maria del fu Giacomo un censo perpetuo di 2 staia di frumento, assicurato sopra un appezzamento di terra arativa, vineata e prativa del valore di 4 staia di semente, sito nelle pertinenze di Fraveggio, in località "su al Molin", al prezzo di 12 ragnesi del valore di 5 lire ciascuno”.

Il catasto asburgico, fonte fondamentale e ricca d’informazioni per gli studi trentini, segnala l’esistenza di due mulini a Fraveggio nel 1860. Infine, un ulteriore elemento interessante si ritrova nella relazione statistica della Camera di Commercio e dell’Industria di Rovereto del 1880 che cita la presenza di due mugnai attivi nel borgo.

Nel 1933 il neonato Consorzio irriguo di Fraveggio “domanda la concessione dell’acqua della roggia di Fraveggio” dichiarando che “Il compimento delle opere e l’esercizio dell’impianto non danneggerà le due attuali utilizzazioni, - la piccola derivazione per forza motrice del sig. Innocenzo Faes, ed il pubblico lavatoio in piazza di Fraveggio-.” Il mulino Faes a fianco della chiesa non era più in servizio, ma  possiamo supporre che sia stato dismesso pochi anni prima poiché Giuseppe Faes, bambino a quel tempo, ricorda che si divertiva ad entrare nella cucina di Vittorina e Luigi (Gigi)  Faes, soprannominato “Burat” e, tramite una leva, muovere la doccia esterna in legno che portava l’acqua alla ruota idraulica  mettendo così in moto, anche solo per gioco e per brevi momenti, la ruota ormai scollegata dal mulino che si trovava un tempo al piano di sotto.

A quanto possiamo ricavare dall’analisi della preziosa ricerca genealogica fatta da Ettore Parisi, il ramo Faes dei “Burati” vanta un’antica origine: i primi registrati con questo soprannome sono i figli di Antonio Faes nato nel 1574. Il buratto è uno strumento per setacciare la farina, soprannome quindi che rimanda alla professione di mugnaio. Fra i Burati, i primi registrati col soprannome “Nocent” sono i fratelli Innocenzo e Vigilio Giacomo nati nel 1810 e nel 1820; della famiglia dei “Nocenti”, poi chiamati “Nozènti”, era l’ultimo mulino attivo a Fraveggio.

 fraveggio mulini nomi

La roggia di Fraveggio

Fraveggio è attraversato da una roggia che deriva dalla sorgente Canevin Malea all’altezza di Lon, il paese soprastante. Questa viene arricchita dalle acque dei rivi di Garubol e Fossà provenienti dai locali acquedotti potabile e irriguo. La roggia arriva in paese dalla cascata al torrione, scorre lungo il Vicolo dei Molini, dietro la chiesa di san Bartolomeo e si divide in due rami intubati nel sottosuolo del centro storico. Una parte scorre a fianco della toresela, attraversa la strada e raggiunge la campagna mentre l’altra prosegue sotto la piazza biforcandosi nuovamente, alimentando il lavatoio, affianca la canonica e si riunisce per attraversare gli orti e precipitare in una suggestiva cascata assieme all’altro ramo.

Nei pressi delle cascate si verifica un fenomeno molto curioso: la formazione del travertino, chiamato anche “el tof per far i vòlti”. Il corso dell’acqua prosegue nella campagna sottostante sino a sfociare nel lago di Santa Massenza.

Il travertino è un tufo calcareo poroso e leggero che si forma con le particelle di minerali (carbonato di calcio) portate dall’acqua. L’acqua, nebulizzata intorno alla cascata, evapora ed i minerali in essa contenuti formano la roccia inglobando all’interno resti vegetali, come foglie o ramoscelli, che poi si decompongono, lasciando al suo interno dei buchi e conferendole il caratteristico aspetto spugnoso. Questo tufo leggero, isolante e relativamente resistente, veniva estratto facilmente ed utilizzato nella costruzione di avvolti, intercapedini, pareti non portanti (“strameze”), ma si vede in un vecchio edificio situato fra i due mulini di Fraveggio un esempio di uso anche per la costruzione della parte più alta delle pareti esterne. L’opificio che si occupava della lavorazione del tufo era “la sega per el tof” ed in zona era presente a Padergnone poco sotto la chiesa di San Valentino in agro e a Terlago.

Fraveggio cascata torrione tufo Fraveggio casa con tufo Fraveggio cascata uscita 

La cascata al torrione che entra in paese nei pressi del molino dei "Nocenti" con le concrezioni di tufo - Edificio con sassi di tufo a vista - Cascata all'uscita del paese.

 

I mulini Faes

Come anticipato nella parte storica, due erano i mulini documentati presenti a Fraveggio; essendo ambedue Faes li descriviamo utilizzando il soprannome.

Il mulino dei Nocenti, inserito al piano terra di un alto e stretto edificio, si trovava poco sotto la cascata del torrione. Avendo la roggia una portata limitata, al di sopra della cascata, vi era una derivazione con una piccola vasca di carico da cui partiva un tubo che, seguendo la morfologia del terreno, raggiungeva l’edificio e scendeva nel sottosuolo fino al piano interrato della casa dove convogliava il getto d’acqua sopra ad una piccola ruota idraulica metallica, del tipo a cassetta, prima di tornare nuovamente nella roggia.

Muovendo una stanga pensile che arrivava all’interno del mulino, l’artigiano riusciva a regolare la posizione del tubo e di conseguenza la quantità d’acqua che cadeva sulla ruota, modificando così la velocità di rotazione dell’albero di trasmissione e dei macchinari ad esso collegati, fino a fermarli.

Come vediamo nella mappa storica, la ruota era collocata in origine alla metà del lato maggiore dell’edificio, al tempo più corto e senza sporgenze,  al quale, al termine della Grande Guerra, venne aggiunta la cubatura visibile odiernamente. La falegnameria Faes, che inizialmente si avvaleva di una ruota in legno  per ricavare l’energia meccanica, adottò negli anni Trenta una turbina metallica alla quale aveva collegato anche una dinamo per la produzione di corrente continua che gli permetteva di  illuminare casa e laboratorio. La turbina, custodita dagli attuali proprietari dell’edificio, è conservata nelle campagne di Fraveggio.

Come abbiamo visto nella parte storica, l’inizio dell’attività sembra perdersi nella notte dei tempi; l’unica traccia giunta fino a noi di questo vecchio mulino è la presenza di mezza macina di granito in un muro di sostegno nel cortile davanti alla casa.

La memoria degli anziani di Fraveggio ci riporta a inizio novecento quando il mulino venne trasformato in falegnameria. Innocenzo Faes, annata 1890, portò avanti con passione l’attività di famiglia, continuando a lavorare fin dopo i 70 anni, per poi chiudere definitivamente.

L’artigiano aveva il laboratorio al piano terra  fornito di diverse macchine, tra cui: la sega a nastro (detta bindella), la pialla, il tornio e la sega circolare collegate attraverso un sistema di pulegge e cinghie all’albero motore della ruota idraulica situato nel seminterrato. I bambini del tempo ricordano “el Nozent” accedere da una botola al seminterrato dove con un sistema di leve spostava le cinghie da una puleggia all’altra facendo in tal modo funzionare un macchinario diverso al piano superiore. Molti dei suoi attrezzi e dei sistemi di collegamento alle varie macchine erano progettati e costruiti con ingegno da lui stesso. Produceva  assi, mobili, serramenti, botti, pavimenti, bare ed una particolare specialità: “scalzi dei sciòpi” (calci di fucile) realizzati su misura, generalmente in  legno di ciliegio.Interessante il connubio tra falegnameria “del Nozènt” e il consorzio che realizzò l’impianto irriguo per le campagne di Fraveggio. A lavori ultimati, nel 1939, per mantener fede all’impegno di non arrecar danno alla precedente utilizzazione di questo opificio, il Consorzio irriguo comperò un motore elettrico da utilizzare in luogo della ruota idraulica per il periodo da aprile a settembre, quando la roggia veniva utilizzata a scopo irriguo, pagando nel contempo i relativi consumi di energia.

Fraveggio2018 exmulinoNocenti diRM Fraveggio2017 macinaNocenti diRM

Fraveggio2018 turbinaNocenti davanti diGiusepepBressan Fraveggio2018 turbinaNocenti fianco diGiusepepBressan Fraveggio2018 turbinaNocenti dietro diGiusepepBressan 

Quel che si può vedere oggi (2018) dell'opificio dei Nocenti, o Nozènti come vengono chiamati ora: l'edificio ampliato, mezza macina inserita in un muro, la ruota idraulica metallica.

 

Il bello della ruota idraulica era che non consumava acqua: l’acqua faceva girare la ruota producendo energia meccanica, e successivamente anche energia elettrica, poi  tornava nella roggia per proseguire il suo corso. In questo caso scorreva a fianco del Vicolo dei mulini e, all’altezza della chiesa, lo attraversava per affiancare il mulino dei Burati. Ora scorre interrata, solo un pezzo della pietra che la copriva nel tratto in cui attraversava il vicolo è ancora lì, nel punto in cui termina la pavimentazione in porfido ed inizia lo sterrato.

Quello dei “Burati” era un mulino con grande ruota di legno a cassetta, anch’essa alimentata dall’alto, come già accennato nella parte storica. Dismesso il mulino ad inizio secolo, l’edificio fu venduto ai Bressan che nel tempo l’hanno completamente ristrutturato a fini abitativi. Gli attuali proprietari, attenti alle tradizioni,  hanno recuperato dai muri dell’orto due macine in pietra, le hanno ripulite e posizionate accanto all’entrata del vecchio mulino per recuperare così alla memoria l’originale utilizzo della casa in cui vivono.

Fraveggio2017 prede molin dei Burati diRM

I vecchi palmenti nell'avvolto dell'attuale casa Bressan, in cui c'era ad inizio secolo l'entrata del mulino dei Burati.

 

Altri ipotetici mulini

Nel 2002, in occasione dello studio per il recupero della toresela o torretta di Fraveggio, il geometra Ruggero Boni scrive: “La memoria (collettiva) degli abitanti riferisce di un uso provvisorio come molino per la segala, stante la vicinanza con un ruscelletto.”. Questa ipotesi non ha poi trovato riscontro documentale né nella sua né nella nostra ricerca storica, la riportiamo quindi come una possibilità.

Una testimonianza orale tramanda i ricordi dei propri antenati che sostenevano l’esistenza di un mulino abbattuto nella campagna sopra al paese di Fraveggio. A questo presunto opificio dovrebbero appartenere alcuni ruderi di mura ancora presenti. Tale ipotetica struttura dovrebbe risalire al periodo antecedente al 1860 poiché essa non è riportata nel catasto asburgico.

 

Fraveggio2012 toresela diAttilioComai La toresela

 

La localizzazione degli antichi mulini di Fraveggio

Su Google maps abbiamo geolocalizzato gli antichi mulini della Valle dei Laghi, si possono quindi vedere quelli di Fraveggio inseriti nel più ampio contesto della Valle dei Laghi:

 

Nella cartina storica austriaca del 1860 sono ben visibili le ruote attive in quel momento:

Fraveggio: ruote idrauliche nel 1860.

 

Il giovane pittore Stefano Zuccatti ci ha poi regalato questo spaccato della Roggia di Fraveggio tradotta in pittura:

disegno Fraveggio rid

I pannelli riassuntivi

Nel 2019 è stato posizionato nella piazza di Fraveggio un pannello riassuntivo di questa ricerca. Il rispettivo file pdf è scaricabile qui.

 

Ringraziamenti

Si ringraziano per le preziose testimonianze e la collaborazione:  Bressan Gianni e Giuseppe (Bepino); Faes Dario, Ester, Giuseppe (Bepi) e Livio; Tasin Rino; Tonina Osvaldo.

 

Materiali a disposizione per l’approfondimento:

 

I prodotti delle scuole:

  • cl. 4^ Vezzano, Dal grano alla farina: el moliner in Ieri, oggi domani: l’ape Clementina vi racconta, Litografia Amorth, Trento, a.s. 1998/99, pp. 138- 142. Consultabile al link:  Dal grano alla farina: el moliner
  • cl 3^ Terlago 2008/09: Una giornata a Rio Caino
  • cl 5^ Vezzano 2017/18: diversi video su "Le macchine ad acqua" progettate e realizzate dai bambini talvolta con l'aiuto dei familiari.

Altre Fonti:

  • Giuseppe Šebesta, La via dei mulini,  Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, Trento, 1976
 
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